Charbel's friends - Gli amici di san Charbel


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Raymond Nader

San Charbel

L'IMPRONTA DI SAN CHARBEL


L'eremo di Annaya


Raymond Nader è un ingegnere elettromeccanico, direttore della tv cristiana satellitare Télélumière. È nato il 10 novembre 1961 in Libano, dove risiede con la moglie e i tre figli. Fin da piccolo, il suo desiderio di trovare una risposta alle grandi domande di senso, lo spinse ad alimentare la ricerca scientifica con una vita di intensa preghiera. Malgrado gli impegni familiari e lavorativi, ogni anno Raymond si ritagliava alcune notti libere, da trascorrere in preghiera solitaria in qualche monastero o eremo vicino a casa, per immergersi nella contemplazione senza distrazioni. Portava con sé la Bibbia e alcune candele per leggere. Il ritiro durava una notte, poi l’ingegnere riprendeva la via di casa: «Facevo questa contemplazione spirituale una volta all’anno per tre mesi. Alla fine mi sentivo più vicino a Dio e capivo di conoscerlo meglio», spiega Raymond.
Il 9 novembre 1994, uscì di casa verso le 22 per recarsi all’eremo di Annaya, dove san Charbel aveva trascorso 23 anni di vita ascetica e aveva reso l’anima a Dio. Si tratta indubbiamente di un luogo di grande forza spirituale. C’è chi afferma che la presenza del santo sia più palpabile all’eremo che presso la sua tomba.
Quella notte Nader si inginocchiò, accese le candele per illuminare il Vangelo, e lesse il brano dei talenti (Matteo 25, 14-30).
Sebbene facesse molto freddo, Raymond si sentì avvolgere improvvisamente da un insolito vento caldo. L’aria divenne sempre più forte e sempre più calda, tanto da costringerlo a togliersi il maglione e la camicia. Malgrado l’impeto del vento, la fiamma delle candele rimase perfettamente immobile. Raymond pensò di avere un’allucinazione e, mentre allungava la mano per verificare lo stato della fiamma, perse i sensi e si ritrovò in una dimensione sconosciuta: «Capivo di trovarmi in un mondo diverso – ricorda l’ingegnere. Vedevo una grande luce e sentivo una presenza accanto a me. Persi tutti i miei sensi naturali, quelli che uso qui, in questo mondo, ma ne acquistai altri che non conoscevo. Ero sconcertato e mi chiesi: “Sto sognando?”, ma mi sentii rispondere: “No, non stai sognando, sei più sveglio che mai!”. La risposta giunse senza parole. “Ma dove sono? Chi mi sta parlando? Dove sto andando?” mi domandavo. E come se quella presenza fosse dentro di me e conoscesse tutti i miei pensieri, mi rispose: “Sono Io, e sono
dappertutto”. Fui invaso da una profonda pace e da un amore che nessuna parola umana potrebbe esprimere. Quando mi ripresi, riacquistai il senso della vista e dell’udito e sentii di nuovo il freddo, mi sentivo come un prigioniero dopo la libertà. Indossai la camicia e il pullover. Mi alzai a fatica, perché ero congelato e mi sentivo debole. Raccolsi i resti delle candele e li riposi nella borsa con la Bibbia, quindi imboccai il sentiero che conduce al monastero, dove avevo parcheggiato l’automobile. Per quanto la mia mente analizzasse i fatti, era incapace di spiegarli, ma il mio cuore era felice.


La statua di San Charbel nel piazzale del Monastero di Annaya



Mi serviva una prova per rendermi conto di non aver sognato. Giunsi intanto al piazzale del monastero. Passando davanti alla statua di san Charbel, sentii un bruciore al braccio sinistro, che divenne sempre più caldo. Pensando al morso di un insetto, mi tolsi il maglione e arrotolai la manica della camicia, per controllare cosa fosse accaduto. Con grande stupore vidi cinque dita impresse sul mio braccio, come marchiate a fuoco, circondate da un alone rossastro. Non sentivo dolore, solo caldo. Ero impaziente di rientrare a casa e di mostrarle a mia moglie, per capire se avevo avuto un’allucinazione. Appena vide il mio braccio, invece, mia moglie costernata mi chiese chi mi avesse impresso quella mano. Mi sentii rincuorato. Non servivano altre prove: quello che avevo vissuto era reale.
Raccontai tutto al superiore del monastero di Annaya, il quale mi chiese un referto medico. Così andai all’ospedale dove diversi specialisti mi esaminarono il braccio.
Tutti diagnosticarono un’ustione tra il secondo e il terzo grado, il peggiore.


Raymond Nader mostra i segni su braccio

Tuttavia, a differenza della ustioni normali, la causa rimaneva misteriosa, non si riscontravano né infezioni né dolore, le impronte erano di colore rossastro atipico nelle ustioni, generalmente scure. Infine la mancanza dell’esito cicatriziale, come nel caso delle lesioni che arrivano al derma, escludeva l’ipotesi di un’abrasione artificiale o autoprocurata. Nelle cinque dita impresse sulla pelle erano visibili le impronte digitali.scienza non è stata finora in grado di fornire una spiegazione all’accaduto. Sono certo che si tratta della mano di san Charbel, per manifestarmi la sua presenza».


Foto e testi: Patrizia Cattaneo Copyright 2014


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